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1912: UNA LETTERA DI NATALE

1912: UNA LETTERA DI NATALE 

Avvicinandosi il Natale di questo strano 2020, propongo alla lettura dei nostri numerosi lettori una lettera scritta dai rappresentanti delle cinque squadre dell’epoca, il 1912, alla presidenza dell’INPSf. 1 (f. 1):

“Spoleto, 27 – 12 – 1912
Onorevole Presidenza,. 1. 1
Noi tutti, consci del supremo dovere che ci tiene legati ai nostri benefattori, e non volendo oggi comparire ingrati verso tutti quelli i quali ci illuminano il cammino della vita, e ci rendono in certo qual modo radioso l’avvenire, preghiamo accettare auguri di perenne felicità; auguri che sono poca cosa in confronto al cumulo di sentimenti benevoli che vorremmo esternare.

Se nell’ora in cui l’acerbo destino ci privò dell’appoggio più caro e più caldo, non avessimo trovato delle anime nobili pronte ad alleviare il nostro cordoglio, ora noi saremmo costretti a perire, travolti nel turbinio immenso della vita.
La nostra riconoscenza giammai perirà, e se la sventura visitasse un’altra volta le nostre case, saremo sempre sicuri di avere degli amici nelle calamità.
Se gli auguri che comunemente si fanno in questo tradizionali ricorrenze, possono avere valore, ne inviano a miriadi cuori aperti dalla riconoscenza.
Con ossequi
Per la 1° Squadra Achille Rampolla
“ 2° “ Giuseppe Marenco
“ 3° “ Gregorio Mondelli
“ 4° “ Cappuccio Vincenzo
“ 5° “ Giovanni Ragazzi”

Chi erano questi ragazzi di 108 anni fa? Consultiamo assieme il nostro Elenco Completo dei Convittori e delle Convittrici.
Il messinese Achille Rampolla, o meglio Achille Rampolla Del Tindaro, entrò in convitto con suo fratello Francesco l’11 febbraio 1909: furono ospitati gratuitamente, perché danneggiati dal terribile terremoto dell’anno precedente; ne uscirà nel 1918, verosimilmente con il fratello, e abbiamo notizia della sua scomparsa nel 1967. Dei fratelli Rampolla tratterò prossimamente, per le modalità del loro accoglimento in convitto.
Giuseppe Marenco, di Napoli, entrò nel 1907 e uscì probabilmente nel 1913, con quello che doveva essere il fratello, Giordano, a sua volta entrato nel 1904.
Di Gregorio Mondelli, di Bari, entrato nel 1905 e uscito nel 1916, presumibilmente con il fratello Giovanni, dirò più sotto.
Vincenzo Cappuccio, di Napoli, sappiamo che entrò in convitto a novembre del 1911, ma non sappiamo quando uscì.
Infine, Giovanni Ragazzi, da Ferrara: entrò nel 1909 e uscì nel 1915, fratello di Giuseppe, decorato nella Grande Guerra. Il nipote Egidio Pentiraro così ricorda Giovanni nel suo libro memorialistico “Quadri apocrifi in cronache di tempi perduti” (ed. GuaraldiLAB, Rimini 2016, p. 77): “Giovanni non l’ho conosciuto; è deceduto nel 1939, prima che io arrivassi nella famiglia…Di Giovanni si parlava poco, le zie dicevano che era bellissimo; oppure che era un amante del bello e dell’arte. Quando si riferivano a lui affermavano, come di chi non c’è più:’Il povero Giovanni aveva detto…’; oppure ‘Il povero Giovanni aveva fatto…’. Si intuiva che tutti l’avevano amato molto.”
Gregorio Mondelli fu nuovamente ospite del convitto circa sessant’anni dopo la sua uscita, se non sbaglio nel 1987, quando, novantenne, volle rivedere i luoghi che lo avevano visto convittore. In quell’occasione donò parte della sua biblioteca, tuttora conservata in alcuni armadi lungo il corridoio degli studi, e della sua fototeca, alcuni pezzi della quale sono esposti nella Sala Mario Leone. Il rettore Michele Milella, che per la sua umanità e la sua dedizione meriterebbe a sua volta l’intitolazione di un’aula o di una sala, gli riservò un’accoglienza veramente fraterna, felicemente vis. 1suta da Mondelli, circondato dall’affetto e dalla cordialità dalle ragazze e dai ragazzi del convitto. (  ff.  2 ,  3  )

Approfitto per celebrare Natale con alcune foto del 1986, in cui i ragazzi si assiepano attorno ai presepi, uno realizzato dai più grandi, su progetto di uno di loro, Marcello Palmieri, che ideò un’ambientazione contemporanea 

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(  ff.   4 5  6 ), l’altro dai più piccoli. Vi si riconoscono ancora il dottor Michele Milella e don Elio Simonelli, allora parroco del convitto, canonico del Duomo, persona impagabile, affettuosa, mite (ma tutt’altro che accondiscendente), cordiale; mi è consentito dire che don Elio è stato un “vero democratico-cristiano” ?

[Roberto Quirino]

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