da la Repubblica online, 15 febbraio, Cronaca di Napoli:
“Si è spento a quasi 95 anni, circondato dall’affetto dei figli nella sua casa di via Pietro Castellino, Abdon Alinovi, antifascista, dirigente comunista, tra i leader del Pci a Napoli dal dopoguerra.
Alinovi, originario di Eboli, fu tra i promotori del Comitato di liberazione nazionale di Salerno, dove sedette accanto a Pietro Amendola. A Salerno, nella breve fase in cui la città fu capitale, avviò con Mario Palermo la campagna per la convocazione della Costituente e del referendum; diresse il settimanale “Unità proletaria” e poi la “Voce salernitana”. Fondatore della Camera del Lavoro, si dedicò alla promozione del movimento sindacale e associativo dei contadini.
Chiamato a Napoli, divenne segretario della federazione napoletana del Pci dal 1955 al 1962. Promosse la presenza del Pci nelle fabbriche. Fu segretario regionale nel 1969. Con Giorgio Napolitano, Andrea Geremicca e Maurizio Valenzi, ebbe un ruolo di primo piano nella costruzione delle “giunte rosse” a Napoli, guidate da Valenzi a partire dalla metà degli anni ’70. Deputato per quattro legislature a partire dal 1976, fu presidente della commissione parlamentare Antimafia
Negli ultimi anni Alinovi fu presidente dei Ds a Napoli, fino allo scioglimento del Democratici di sinistra, confluiti nel Pd. Attivo fino alla fine, lucidissimo, partecipe del dibattito pubblico, Alinovi ha collaborato per lunghi anni con le pagine napoletane di “Repubblica”. In una nota, l’amministrazione comunale di Napoli esprime “profondo cordoglio”per la scomparsa di Alinovi, “una vita dedicata alla sinistra italiana”.
I funerali alle 11.30 di domani venerdì 16 febbraio nella chiesa Santa Maria della rotonda, in via Castellino. Celebra padre Carlo Greco, gesuita amico di Alinovi. Poi la camera ardente organizzata dal Comune nella Sala Campanella in piazza del Gesù fino alle 17. In seguito la salma verrà trasportata ad Eboli per una cerimonia funebre e la sepoltura nella cappella di famiglia. “
Di lui, entrato in convitto a Spoleto nel 1934 e uscito nel 1941, si parla diffusamente nel libro di Bruno Rossi sui convitti a Spoleto.
Ricordiamolo sul nostro sito, partecipando al dolore dei familiari.
Sempre da La Repubblica online, riportiamo l’ultimo articolo di Alinovi, scritto per la cronaca napoletana dell’8 febbraio:
“La ferita che ha sfigurato il volto della professoressa De Blasi ad opera di un giovane studente di 17 anni è un fatto che reclama riflessione e attenzione critica su molteplici piani, gli spunti stimolanti provengono dallo stesso contesto della scuola dove la reazione dell’insegnante colpita suscita considerazioni di diverso segno. Se da un lato si rimane impressionati non solo per la generosità della docente che è la prima persona a correre in difesa dell’autore del delitto, dall’altro colpisce la profondità del senso critico della signora Franca, che attribuisce ad un suo personale “fallimento professionale” il fatto che il ragazzo abbia potuto spingere il proprio risentimento fino al punto da lacerare il viso di quella persona che si può immaginare come il più familiare e confidente nell’ambiente diverso da quello della famiglia. Non si può non esprimere solidarietà, ammirazione e tenerezza verso questa donna e madre, che da anni ha rapporti con la gioventù.
C’è uno specifico status della psiche di quel giovane che non può essere trascurato dalle persone esperte.
Ma il caso di Santa Maria a Vico se è isolato per la gravità dell’atto delittuoso e per il rapporto discente-docente, purtroppo non è raro. Le notizie circolano ed è abbastanza diffusa l’abitudine di portare con sé tra i banchi di scuola un’arma fuorilegge. Delimitiamo pure alla nostra regione una tale prassi; anche in questo caso è l’istituzione scolastica, è la società civile ad essere chiamata in causa per riflettere ed agire sul piano culturale e civile come è necessario per una crescita socialmente serena e aperta verso la nobiltà delle relazioni, dei comportamenti e delle azioni giovanili.
Che cosa dà alla giovane persona il possesso e l’eventuale possibilità dell’uso di quell’arma? Il senso di una maggiore sicurezza in una società, ivi compresa la scuola, il che fa supporre almeno un costante sguardo diffidente se non ostile nei confronti dell’insieme di cui si è parte. Ed è qui, mi sembra, il punto di una reale difficoltà della società moderna e dei giovani ai quali si apre la via del sapere, dell’esercizio del proprio intelletto, l’attitudine a stabilire relazioni e scambi dentro un universo giovanile ed anche fuori di esso.
Apriamola non solo a Santa Maria a Vico o nel Casertano ma ovunque la discussione su quello che offre o sottrae ad una personalità in formazione un’arma con 6 centimetri di lama tagliente.
Il fenomeno anche se ben distinto, differente nella genesi e nelle manifestazioni, non può non essere considerato nel quadro della formazione e dell’attività criminosa delle baby gang.
Esprimo, con problematicità, un punto di vista che sottopongo
pubblicamente. La mia opinione è che siamo troppo scarsamente impegnati come genitori, come famiglie, come istituzioni a far nascere la consapevolezza, a partire dai giovanissimi delle scuole elementari, di essere cittadini di una comunità nazionale e civica, di cui si è già membri responsabili. Ed proprio da queste responsabilità che nasceranno o non nasceranno, cresceranno o non cresceranno le prospettive di una vita fondata su rapporti umani e civili.”