L’intenzione sarebbe stata quella di dedicare un articolo delle nostre Curiosità ad Emilio Pozzi ormai quattro anni fa, nel centenario della sua morte, avvenuta nel novembre 1912. Lo facciamo adesso, pensando di attrarre comunque l’attenzione dei nostri lettori, desiderosi di curiosare ancora un po’ fra i libri della biblioteca del Convitto, dove, fra le edizioni precedenti agli anni Cinquanta, ne è custodito dai fogli ancora intonsi, ma dalla copertina ormai piuttosto sciupata e dal titolo enigmatico: ENTAPHIA, traslitterazione del vocabolo greco antico ΕΝΤΑΦΙΑ (εντάφια), “esequie”, “sacrificio funebre”, “onoranza funebre”, edito dai Fratelli Bocca nel 1913.
La copertina reca nell’angolo superiore destro la dedica “All’Istituto degli Orfani, ove il nostro indimenticabile Emilio passò, amato e stimato, parecchi anni di sua giovinezza le inconsolabili, Camilla e Rina Pozzi” (f. 1).
Emilio Pozzi (f. 2), nato a Cuneo nel 1889, fu convittore a Spoleto fino al 1907, essendovi entrato presumibilmente nel 1902. La sua breve biografia ci è esposta con partecipazione intensa dall’autore dell’introduzione a Entaphia, che crediamo essere Gaetano De Sanctis (Roma 1870-1957), professore ordinario di storia antica all’università di Torino, promotore dell’omaggio al giovane allievo, con altri due illustri antichisti della stessa università, Luigi Pareti (Torino 1885-Roma1962) e Aldo Ferrabino (Cuneo 1892-Roma1972) (ff. 3/9). Lo stesso De Sanctis dedicherà nel 1916 il terzo volume della sua monumentale Storia dei Romani: “Alla cara memoria de’ miei compianti discepoli…” Emilio Pozzi e Pietro Ghione, altro antichista precocemente scomparso nel 1905.
All’iniziativa aderirono altri docenti dell’ateneo torinese (f. 4): il dantista Umberto Cosmo (1868-1944), che ebbe allievi Gramsci e Togliatti; Arturo Farinelli (1867-1948), docente di letteratura tedesca; Pietro Fedele (1873-1943), docente di storia moderna; i filologi classici Ettore Stampini (1855-1930), direttore della collana Classici Loescher, e Luigi Valmaggi (1863-1925), direttore del Bollettino di Filologia Classica; il grecista e studioso di letteratura cristiana antica Paolo Ubaldi (1832-1934); il filosofo Giovanni Vidari (1871-1934); il grandissimo storico dell’arte Pietro Toesca (1877-1962). Non manca l’adesione di docenti dell’Università di Roma, come il tedesco, naturalizzato italiano, Karl Julius Beloch (1854-1929), praticamente l’iniziatore, con Gaetano De Sanctis, degli studi universitari di antichistica in Italia, presso il quale Emilio Pozzi seguì i corsi di perfezionamento; il giurista e storico Arturo Carlo Jemolo (1891-1981), fra i docenti universitari che non firmarono il giuramento di fedeltà al fascismo. Ancora, dell’ateneo romano troviamo il nome di Giuseppe Cardinali (1879-1955), poi uomo di punta della cultura di regime, chiamato da Bottai fra i commissari del MINCULPOP; Vincenzo Costanzi (1863-1929), dal 1902 preside della Facoltà di Lettere. Iinfine, il medievista ed ellenista dell’Università di Cagliari Bacchisio Motzo (1883-1970). Gli altri aderenti sono compagni di corso e d’università a Torino di Emilio Pozzi, fra cui la filologa Teresita Panizza, la studiosa del Risorgimento Maria Avetta, l’antichista Lorenzo Coccolo.
Entaphia, che nel 1914 ebbe attente recensioni a firma di Georges Radet nella “Revue des Etudes Anciennes” e di Henri Dehérain nel “Journal des savants”, raccoglie sette corposi saggi di Gaetano de Sanctis, di Luigi Pareti, Aldo Ferrabino, Augusto Rostagni, Lorenzo Coccolo, Giovanni Angelo Alfero e Bacchisio Motzo (f. 10). Non è un caso che Pietro Treves, curatore della voce Gaetano De Sanctis nel Dizionario Biografico degli Italiani, scriva proprio a proposito di Entaphia che “la scuola torinese di storia antica, strettasi intorno al fresco tumulo del compagno Elio Pozzi…attestava in quel libro … la propria maturità…”.
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Dalla biografia introduttiva si può evincere che l’opera completa di Emilio Pozzi si riduce ad una manciata di titoli, saggi brevi nell’ambito di riviste specialistiche e accademiche:
L’accenno a Ceprano nella Divina Commedia, nota di esegesi dantesca, in “Giornale storico della Letteratura Italiana”, LVII, 1911;
Il trattato d’alleanza tra l’Acarnania e l’Etolia, in Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, XLVII, 1911-12;
Sopra il termine estremo della storia di Posidonio di Apamea, in “Rivista di filologia”, XLI, 1913;
Le battaglie di Cos e di Andro e la politica marittima di Antigono Gonata, in Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, ser. II, LXIII, 1913;
ai quali bisogna aggiungere:
Studi sulla guerra civile sillana, Torino, 1914.
L’accenno a Ceprano fu prontamente recensito nel volume 35 dell’”Archivio Società Romana di Storia Patria”, del 1912, e costituisce un testo di riferimento negli studi danteschi e di geografia storica (v. Benevento, in Enciclopedia Italiana).
Che l’apporto di Emilio Pozzi nel campo specifico degli studi di antichistica non sia per niente trascurabile e che, anzi, sia tutt’ora attuale e di riferimento, è testimoniato non solo dalle numerose citazioni dai suoi scritti in quelli di Gaetano De Sanctis, ma anche in opere recenti di antichisti italiani e soprattutto inglesi e tedeschi.
Infatti, gli Studi sulla guerra civile sillana sono citati da Nicola Criniti, nel suo contributo Granio Liciniano, in Aufstieg und Niedergang der Romischen Welt, del 1999; da Arthur Keaveney, in Sulla, the Last Republica, del 1982; da C. F. Konrad, in Plutarch’s Sertorius, A Historical Commentary, del 1994; in Marx. A Companion to the Roman Republic, del 2010, a cura di Nathan Rosenstein e Robert Morstein.
Il trattato d’alleanza tra l’Acarnania e l’Etolia è citato nel 1976 da Pierre Cabanes, in L’Epire de la mort de Pyrrhos à la conquête romaine; da Oliver Dany in Akarnanien in Hellenismus: Geschichte und Völkerrecht in Nordwestgriechenland, del 1999; da Joseph B. Scholten, in The Politics of Plunder. Aitolians and their koinonin the early hellenistic hera, del 2000.
Concludiamo con un documento del 9 marzo 1913, col quale il consiglio d’amministrazione dell’INOIS dispose la commemorazione in Convitto di Emilio Pozzi, a pochi mesi dalla sua scomparsa: dell’opuscolo e delle due necrologie citate non c’è più traccia, né in archivio né in biblioteca (f. 11, 12).
Roberto Quirino