I CONVITTI DI SPOLETO E IL FASCISMO: L’USO DEL “VOI” E DEL “TU”; L’ATTENTATO A MUSSOLINI DEL 7 APRILE 1926; L’ATTENTATO AL PRINCIPE UMBERTO DEL 24 OTTOBRE 1929; L’INOIS E I CONVITTI NEL 1927
La nostra precedente pubblicazione, Il Convitto e le leggi razziali del 1938, ci offre l’occasione per rendere noti altri documenti riguardanti i convitti sotto il fascismo.
Il primo febbraio 1938 uscì la circolare di Achille Starace, segretario del PNF, con cui si decretò l’abolizione del “lei”, a favore del “voi” e del “tu”. Questa sorta di riforma del linguaggio ebbe origine da un articolo del romanziere Bruno Cicognani, che, nella terza pagina del Corriere della Sera del 15 gennaio dello stesso anno, aveva definito il “lei” come “aberrazione grammaticale e sintattica… spagnolismo… prodotto del cortigianismo … servilismo e goffaggine, auspicando un ritorno al “tu” espressione dell’universale romano e cristiano e al “voi” segno di rispetto e di riconoscimento di gerarchia”. L’articolo di Cicognani piacque moltissimo a Mussolini, che diede incarico a Starace affinché venissero date disposizioni per l’abolizione del “lei”.
Il tentativo d’imposizione dell’uso del “voi”, diede agio alla fronda antifascista di esprimersi a motteggi, come “da oggi vietato parlare di Galileo Galilei, si dovrà parlare di Galileo Galivoi”. Benedetto Croce, buon meridionale uso a tenere una corrispondenza epistolare con cui dava del “voi” al suo interlocutore, cambiò l’incipit delle sue lettere passando al “lei”.
La riforma fu essenzialmente un fallimento, anche se lasciò tracce abbastanza profonde nell’editoria e nel doppiaggio cinematografico, anche dopo la guerra.
All’uso del “voi” e del “tu” nei nostri convitti, dunque, sono dedicati tre documenti. Il primo, curiosamente datato 1 aprile 1938 (pesce d’aprile !), è la disposizione dell’INOIS circa l’uso di quei pronomi, indirizzata ai Funzionari e Dipendenti dell’Amministrazione Centrale, alle direzioni e agli uffici economati dei Convitti (f. 1). Il Rettore Rubino risponde contestualmente, assicurando la sostituzione del “lei” con il “voi” nella corrispondenza ufficiale e ufficiosa (f. 2) e che, nell’uso parlato, il personale e gli ospiti del convitto si conformeranno a quanto già in uso all’Istituto Tecnico Commerciale per Geometri (f. 3).
Il 7 aprile 1926 Violet Gibson, una donna irlandese risultata essere una squilibrata, esplose un colpo di pistola in direzione di Mussolini, mancandolo di poco e lasciandolo con una lieve ferita al naso. L’attentatrice non fu incriminata per volontà dello stesso Mussolini e fu espulsa dall’Italia verso l’Inghilterra. Rimase per trent’anni ricoverata in una clinica psichiatrica, il St Andrew’s Hospital a Northampton, dove morì. Il documento che pubblichiamo riproduce il testo del telegramma inviato a Mussolini dalla Presidenza dell’INOIS, a firma di Carlo Schanzer, preceduto da una nota ai Consiglieri dell’Istituto, da cui si ricava che il giorno dopo l’attentato si tenne nella Cappella del Convitto Femminile una messa di ringraziamento (f. 4). Riproduciamo anche la scheda segnaletica della Gibson (f. 5, da Wikipedia).
Autore dell’attentato al Principe Umberto fu il milanese, d’origine meridionale, Fernando De Rosa (n. 1908). Antifascista, compagno di studi di Ludovico Geymonat, Gian Carlo Pajetta e di Massimo Mila, e in corrispondenza con Nenni, De Rosa attuò il suo proposito il 24 ottobre 1929, a Bruxelles, dove il Principe Umberto si era recato in visita ufficiale. Andato a vuoto il colpo di pistola, fu arrestato e nel processo che seguì fu difeso dal socialdemocratico belga Paul Henri Spaak, con le testimonianze a favore di Turati, Rossetti e Nitti. Dei cinque anni di reclusione cui fu condannato, De Rosa ne scontò la metà, per buona condotta. Riprese immediatamente la sua attività politica e insurrezionale, ma fu colpito a morte nel corso della ribellione falangista l’11 settembre 1936, a Cabeja Leja. E’ ancora il Presidente dell’INOIS Carlo Schanzer a firmare, a nome dell’Istituto, i telegrammi di compiacimento per lo scampato pericolo (f. 6), indirizzati al Primo Aiutante di Campo Generale del Re, il Generale Giuseppe Mario Asinari Rossillon, marchese di Bernezzo (1874-1943), antifascista di assoluta fede monarchica.
Il quarto documento è una pubblicazione del 1927, con cui l’INOIS pubblicizza I Convitti dell’Istituto in Spoleto. Composta da un grande foglio in piego, la pubblicazione riassume in prima pagina le attività sociali dell’INOIS (f. 7): “Assegni mensili agli orfani minorenni”, “Assistenza educativa ed istruttiva nei Convitti di proprietà dell’Istituto”, “Assegni agli orfani maggiorenni inabili al lavoro”, “Assegni speciali di studio”, “Sussidi straordinari”. Questa prima pagina è corredata da due foto. Nella prima sono disposti in circa dieci file gli ospiti e il personale educativo e amministrativo del Convitto Maschile; vi si notano seduti in prima fila, al centro, il Rettore Filippo Schiavetti, il Censore Giuseppe Tei e, alla destra di questo, Antonio Traversa, che poi ricoprì per lungo tempo l’incarico di Economo dei due convitti; l’ultima fila è occupata dalla banda musicale del Convitto, sotto l’arco del portale di San Simone decorato col fascio littorio. La seconda foto ritrae la Direttrice e le ospiti del Convitto Femminile, inaugurato pochissimi anni prima, il 1° ottobre 1924: una quarantina di bambine sono raccolte attorno ad Anna Papini.
In seconda pagina sono riportati gli organigrammi del Consiglio d’Amministrazione e del Comitato Centrale dell’INOIS (f. 8). In terza pagina sono precisate le norme e le quote di iscrizione all’INOIS e vi sono elencate le Rappresentanze dell’Istituto nelle Provincie e nelle Colonie (f. 9): di quest’ultime sono in corso di organizzazione le rappresentanze di Asmara, Misurata e Mogadiscio. Infine, nell’ultima pagina sono riassunte le spese affrontate dall’INOIS dal 1890, per gli assegni e per il Convitto, evidentemente inteso nel suo complesso, maschile e femminile (f. 10).
In effetti, sfogliando i documenti dell’Archivio, si viene a conoscenza della fascistizzazione dell’organizzazione interna dei convitti, accomunati nel 1935 dalla denominazione Istituto Nazionale Fascista, e della gerarchizzazione degli stessi giovani ospiti, sulla falsariga della GIL, Gioventù Italiana del Littorio, alla cui sezione spoletina essi sono regolarmente iscritti, quando non lo sono già a quella della città di provenienza. Di questo, però, cercheremo di trattare in un prossimo intervento.
Per il momento, e per un aspetto sostanziale concernente l’assistenza agli ospiti, può essere utile notare, consultando l’Elenco degli Ex Convittori, il fatto che un certo numero di questi abbiano le rette pagate prima dall’INIEL e poi dall’INFADEL. Ambedue gli Istituti s’inseriscono nel quadro di riforma assistenziale del ventennio fascista. L’INIEL era stato costituito nel 1925, come “istituto nazionale a favore degli impiegati degli Enti Locali e dei loro superstiti non aventi diritto a pensione” (R.D.L. n. 1605 del 23/07/1925). Nel 1933 (R.D.L. 2 novembre, n. 2418) esso divenne INFADEL, Istituto Nazionale Fascista per l’Assistenza dei Dipendenti degli Enti Locali, che nel dopoguerra si iniziò a chiamare INADEL, riformato nel 1950 e confluito nel 1994 nell’INPDAP. D’altronde, lo stesso INOIS nel 1920 era divenuto parte dell’Opera di Previdenza per il Personale Civile e Militare dello Stato, riformata nel 1928. Infatti, a partire da questa data, l’adesione volontaria all’INOIS da parte degli impiegati civili dello stato, divenne solo un titolo preferenziale per l’accoglimento degli orfani nei convitti spoletini, in quanto i finanziamenti per le attività assistenziali iniziarono ad essere erogati direttamente dallo stato. Fino ad allora l’assistenza era stata possibile grazie alle quote d’iscrizione all’associazione. L’Opera di Previdenza sarà incorporata nell’ENPAS (Ente Nazionale fascista di Previdenza ed Assistenza per i dipendenti Statali) istituito con la L. n. 22 del 19 gennaio1942. Nel 1994 anche l’ENPAS confluirà nell’INPDAP.
[Roberto Quirino]